Una stanza con una grande teca in vetro e legno, al suo interno piatti e statue in ceramica. Sulla sinistra un mobile con altre statue
Una stanza con una grande teca in vetro e legno, al suo interno piatti e statue in ceramica. Sulla sinistra un mobile con altre statue

La ricerca collezionistica del marchese Ala Ponzone si rivolse anche ad uno dei generi artistici preferiti dalla sua epoca: le porcellane orientali. Nel clima del contemporaneo cosmopolitismo europeo, le preferenze estetiche sono infatti orientate favorevolmente verso un esotismo che affonda le sue radici nel secolo precedente quando la moda per la chinoiserie imperava nei salotti e nei cabinets aristocratici.

Fino al XVIII secolo la Cina era stata depositaria del segreto della fabbricazione della porcellana, conosciuta in Europa sin dal XIV, ma di cui rimaneva sconosciuta la tecnica di esecuzione.
Altamente ammirata per la preziosità del suo materiale, si tentò invano di riprodurla nelle fornaci europee, fuorviati dalla credenza che risultasse prodotta da polveri di conchiglie, vetro e sabbie silicee. Fino al XVI secolo, quando cioè i Portoghesi cominciarono ad importarla sistematicamente, la porcellana cinese restava una rarità, ma anche dopo l’inizio della fabbricazione europea di porcellana in pasta dura, iniziata nel XVIII secolo in seguito alla scoperta delle sue componenti primarie, non si interruppe il flusso di quelle di importazione.
Nell’Ottocento la porcellana orientale passerà da status symbol ad oggetto indispensabile nelle collezioni di aristocratici e borghesi, che le acquisiranno sul mercato antiquariale o durante lunghi soggiorni in Estremo Oriente. I pezzi esposti in sala sono una selezione che ben rappresentano le principali tipologie d’esportazione, in particolare relativamente alle due grandi aree di produzione: quella cinese e quella giapponese.

le ceramiche

il piatto
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