L’ultimo decennio del Cinquecento segna una profonda trasformazione dell’assetto interno della chiesa di San Domenico, una basilica che sorgeva sull'attuale spiazzo dei Giardini Pubblici e che per alcuni secoli costituì un centro di grande interesse artistico e culturale.
La maggior parte degli altari ricevette nuove pale inserite entro sontuose ancone lignee intagliate e dorate, che dovettero sostituire affreschi e dipinti più antichi. Capofila dei pittori che concorsero al rinnovamento fu Giovanni Battista Trotti detto il Malosso (1556-1619), allievo e erede di Bernardino Campi. Degli otto quadri d’altare da lui dipinti per San Domenico, quattro sono giunti al Museo e si trovano raccolti in questa sala.
Al rinnovamento di San Domenico parteciparono anche Andrea Mainardi detto il Chiaveghino (1550-1597), altro allievo di Bernardino Campi, e Cristoforo Agosta da Casalmaggiore (1570-1597), forse il più dotato fra i numerosi allievi del Trotti.
All’inertno della chiesa, la cappella del Santissimo Rosario era uno dei principali centri del culto mariano in città, e contava alcune fra le più importanti imprese artistiche realizzate a Cremona fra lo scorcio del Cinquecento e la prima metà del secolo seguente.
In questa sala sono stati riuniti anche gli altri dipinti seicenteschi provenienti da San Domencio e in particolare le tele di Giuseppe Nuvolone, figlio di Panfilo, col Beato Moneta e il Beato Rolando; opere che indicano efficacemente l’aggiornamento barocco della pittura lombarda nella seconda metà del secolo.